Giorgio Belladonna nacque a Roma nel 1923, sin da giovane si dedicò al bridge, dopo aver abbandonato la carriera di calciatore, passando presto al professionismo in un momento in cui in Italia il gioco era praticato da pochi adepti e poco organizzato. Con il compagno Walter Avarelli, fu presto inserito nella squadra italiana, il Blue Team del capitano Alberto Perroux con compagni come Pietro Forquet e Eugenio Chiaradia, ha scritto numerosi libri di tecnica, magari anche per spiegare le proprie innovazioni, i sistemi dichiarativi come il “Fiori romano” e il “Super Precision” che hanno costretto l’ intero mondo del Bridge a prendere atto di un nuovo modo di giocare. Belladonna riuscì a figurare nel ranking internazionale con la qualifica di “miglior giocatore al mondo”, riconosciuta quasi all’ unanimità dagli esperti. Padre di due figli morì a Roma il 12 maggio 1995.
Nel 1956 Belladonna vinse il Campionato Europeo di Stoccolma in coppia con Avarelli e nel 1957 conquistò, per la prima volta per l’Italia, la Bermuda Bowl, il campionato mondiale a squadre.
La squadra italiana iniziò a vincere ogni competizione grazie alla spregiudicatezza del gioco di attacco dei suoi campioni, ma soprattutto grazie all’introduzione di sistemi licitativi artificiali rivoluzionari.
Dopo una cattiva prestazione della squadra nelle prime Olimpiadi di Bridge tenutesi a Torino nel 1960 (sesto posto), il Blue Team ricominciò a mietere successi vincendo ben 7 titoli mondiali fra il 1961 e il 1969 e 2 titoli olimpici, anche grazie all’ingresso in squadra del geniale Benito Garozzo.
Dopo il ritiro di Walter Avarelli, Belladonna e Garozzo formarono una delle più forti coppie di tutti i tempi, praticamente imbattibile per il tempo in cui rimase insieme e che costituì il cuore del nuovo Blue Team il quale, dopo un paio di edizioni al quale lo squadrone azzurro non partecipò (dando così agli avversari qualche chance), conquistò ancora 3 titoli mondiali, oltre a 3 titoli europei e 1 titolo olimpico.
Giorgio Belladonna e Benito Garozzo sono, praticamente irraggiungibili, ai primi due posti della classifica “all time” dei giocatori di bridge della WBF.
Giorgio belladonna è stato 13 volte campione del mondo, 3 volte campione olimpico, 10 volte campione europeo,
La squadra italiana iniziò a vincere ogni competizione grazie alla spregiudicatezza del gioco di attacco dei suoi campioni, ma soprattutto grazie all’introduzione di sistemi licitativi artificiali rivoluzionari.
Dopo una cattiva prestazione della squadra nelle prime Olimpiadi di Bridge tenutesi a Torino nel 1960 (sesto posto), il Blue Team ricominciò a mietere successi vincendo ben 7 titoli mondiali fra il 1961 e il 1969 e 2 titoli olimpici, anche grazie all’ingresso in squadra del geniale Benito Garozzo.
Dopo il ritiro di Walter Avarelli, Belladonna e Garozzo formarono una delle più forti coppie di tutti i tempi, praticamente imbattibile per il tempo in cui rimase insieme e che costituì il cuore del nuovo Blue Team il quale, dopo un paio di edizioni al quale lo squadrone azzurro non partecipò (dando così agli avversari qualche chance), conquistò ancora 3 titoli mondiali, oltre a 3 titoli europei e 1 titolo olimpico.
Giorgio Belladonna e Benito Garozzo sono, praticamente irraggiungibili, ai primi due posti della classifica “all time” dei giocatori di bridge della WBF.
Giorgio belladonna è stato 13 volte campione del mondo, 3 volte campione olimpico, 10 volte campione europeo,
È considerato uno dei più importanti bridgisti della storia, numero uno nella classifica dei World Grand Masters della Federazione Mondiale (WBF) fino al 1992. Giocatore abilissimo soprattutto nel gioco con il morto, sempre con il leggendario Blue Team, la nazionale italiana che ha dominato il mondo del bridge quasi ininterrottamente dalla metà degli anni cinquanta sino ai settanta. Belladonna era chiamato “l’ uomo dei secondi tempi” per la sua capacità di recuperare situazioni critiche: massimo esempio il secondo campionato mondiale a New York, nel 1959: irritato per un richiamo dell’ arbitro, giocò “a perdere” tutta la prima partita. Intervallo, nel quale i responsabili del Team non ci pensarono un secondo e lo rimandarono in squadra per la seconda: sedici mani memorabili nelle quali fece a pezzi gli avversari americani. Un cruccio, di quell’ epoca e di sempre: il fatto che le imprese del Blue Team non venissero seguite con attenzione dai mezzi di comunicazione. La fama di Belladonna era molto più ampia all’ estero che in Italia: anche se dopo ogni vittoria mondiale scattava l’ invito al Quirinale per i festeggiamenti.
Da www.wikisport.eu, l’enciclopedia mondiale dello sport di Daniele Masala. (nella foto, Belladonna – secondo da sinistra – nel Blue Team).