Tarcisio Burgnich nasce a Ruda, in provincia di Udine, il 25 aprile 1939. Era soprannominato Roccia, nomignolo coniato da Armando Picchi, compagno di reparto nell’Inter e in Nazionale. È stato definito da Mario Sconcerti il più grande «difensore classico» della storia del calcio italiano.
Dopo aver iniziato come mezz’ala, Burgnich giocò come terzino destro, stopper e libero. Eccellente marcatore, era solito prendere in custodia l’attaccante avversario più temibile. È stato considerato un modello per la serietà e la correttezza. Le sue virtù principali erano: l’abilità nei tackle e la concentrazione, oltre alla prontezza nell’anticipo.
Dopo aver giocato nelle giovanili dell’Udinese avendo come compagno di squadra Dino Zoff, debuttò ventenne con i friulani alla penultima giornata della stagione 1958-1959, il 2 giugno 1959, nella sconfitta contro il Milan per 7-0, già matematicamente campione d’Italia che schierava in campo giocatori come Lorenzo Buffon, Cesare Maldini e Nils Liedholm. Non schierato la domenica successiva, fu confermato per la stagione successiva, in cui giocò 7 gare su 34 in un’epoca in cui non erano permesse sostituzioni e nella quale la Juventus si salvò dalla retrocessione dopo spareggi con Lecco e Bari; le sue prestazioni gli valsero la convocazione nella rappresentativa italiana ai Giochi olimpici del 1960.
Dopo aver giocato nelle giovanili dell’Udinese avendo come compagno di squadra Dino Zoff, debuttò ventenne con i friulani alla penultima giornata della stagione 1958-1959, il 2 giugno 1959, nella sconfitta contro il Milan per 7-0, già matematicamente campione d’Italia che schierava in campo giocatori come Lorenzo Buffon, Cesare Maldini e Nils Liedholm. Non schierato la domenica successiva, fu confermato per la stagione successiva, in cui giocò 7 gare su 34 in un’epoca in cui non erano permesse sostituzioni e nella quale la Juventus si salvò dalla retrocessione dopo spareggi con Lecco e Bari; le sue prestazioni gli valsero la convocazione nella rappresentativa italiana ai Giochi olimpici del 1960.
Dietro suggerimento di Giampiero Boniperti fu quindi acquistato dalla Juventus, con cui collezionò 13 presenze senza essere poi confermato per la stagione successiva, perché ritenuto non adatto allo stile della squadra e con una carriera incerta per un presunto leggero strabismo. Passò quindi al Palermo.
Coi rosanero gioca ottimamente la stagione 1961-1962, durante il quale faceva il servizio di leva a Roma: preso il posto dell’infortunato Giorgio Sereni, resta lui il titolare del ruolo. Con il Palermo segna solo un gol, su punizione, nella vittoria per 4-2 contro la Juventus del 18 febbraio 1962 con un violento tiro in corsa; al termine del campionato i siciliani si piazzarono all’ottavo posto nella classifica finale, piazzandosi meglio degli stessi piemontesi.
Nel 1962, voluto da Helenio Herrera o da Italo Allodi secondo altre fonti, passa all’Inter in cambio di 100 milioni di lire. Come capitò durante la sua permanenza alla Juventus, vinse lo scudetto alla prima stagione con la nuova squadra, pur essendo penalizzato dal dover svolgere il servizio militare a Bologna, con il grado di caporale, cosa che lo costringeva a saltare durante il suo primo campionato diversi allenamenti con il club lombardo. Con i nerazzurri ha totalizzato 467 presenze in gare ufficiali, vincendo in dodici anni quattro scudetti, due Coppe dei Campioni e due Coppe Intercontinentali, diventando uno dei calciatori più decisivi per i successi della squadra nella sua epoca. Al termine della stagione 1964-1965, il settimanale “Il calcio e il ciclismo illustrato” lo indicò, con Giacinto Facchetti, come miglior terzino d’ala del campionato.
Dopo dodici anni all’Inter, complice l’infortunio subito durante i mondiali tedeschi del 1974 i dirigenti della squadra lombarda credono che sia ormai un calciatore finito. Venne a sapere solo da Francesco Janich, all’epoca dirigente del Napoli, di essere stato trasferito alla squadra campana; chiuse quindi la carriera indossando la maglia azzurra. Qui, dopo un’iniziale problema con le tattiche dell’allora suo allenatore Luis Vinicio, è titolare inamovibile (nel ruolo di libero), disputando tutte le gare delle sue prime due stagioni e saltando solo sei gare nella sua ultima stagione di carriera, dalla tredicesima alla diciottesima. Durante la sua permanenza con i partenopei la squadra sfiorò la conquista dello scudetto nella stagione 1974-1975, quando la squadra arrivò seconda a due punti dalla Juventus vincitrice del campionato. L’anno successivo i campani conquistarono la Coppa Italia, battendo con lui in campo il Verona allo Stadio Olimpico di Roma nel 1976 per 4-0; in questo trofeo segnò la sua unica rete con gli azzurri. Vinse inoltre nella stagione 1976-1977 la Coppa di Lega Italo-Inglese, giocandovi entrambe le partite, a Southampton contro la squadra locale dove i padroni di casa s’imposero per 1-0 e a Napoli nello stesso anno(1976), quando nella gara di ritorno i campani vinsero per 4-0. Lo stesso anno, il Napoli raggiunse per la prima volta la semifinale in una competizione europea, la Coppa delle Coppe, venendo eliminato dall’Anderlecht.
In Nazionale, in cui ha giocato dal 1963 al 1974, vanta 66 presenze, debuttando il 10 novembre 1963 nella gara di ritorno valevole per la Coppa Europa contro la Nazionale sovietica che schierava tra i pali Lev Jascin, il “Ragno Nero”. Ritorna in Nazionale un anno dopo, nella gara di qualificazione per i mondiali in Inghilterra del 1966 contro la Nazionale finlandese. Viene convocato per la spedizione italiana ai successivi mondiali, quando ha già giocato dodici gare con la nazionale maggiore, disputando solo le prime due gare, la vittoria contro il Cile per 2-0 e la sconfitta per 1-0 contro la Nazionale sovietica. Ai successivi vittoriosi campionati europei del 1968 fu invece sempre presente, il 20 aprile nella vittoria contro la Bulgaria per 2-0 a Napoli, sempre a Napoli nella semifinale contro la Nazionale sovietica decisa dal sorteggio e nelle due finali contro la Nazionale jugoslava di Roma, quando gli azzurri prima pareggiarono 1-1 e poi vinsero per 2-0. Al successivo campionato mondiale 1970 in Messico realizza il suo secondo gol con gli Azzurri, il momentaneo pareggio per 2-2 della semifinale Italia-Germania Ovest (4-3, la “Partita del secolo”). Per la gara disputata, Gianni Brera gli diede nella pagella 9+. In finale, sarà poi sovrastato nello stacco da Pelé che realizzerà il gol del momentaneo 1-0 nella partita che il Brasile vincerà 4-1. Lasciò la Nazionale dopo la sconfitta contro la rappresentativa polacca, in una gara valida per la fase finale dei Mondiali del 1974, durante la quale subì un infortunio quando la partita era ancora sullo 0-0. Delle 66 presenze in azzurro, 58 le ha disputate a fianco di Giacinto Facchetti .
Appese le scarpette al chiodo, convinto da Italo Allodi, ha intrapreso la carriera dell’allenatore, sedendo sulle panchine di : Catanzaro, Bologna, Como, Livorno, Foggia, Lucchese, Cremonese, Genoa, Ternana, Salernitana, Pescara e Vicenza.
Smette di allenare dicendo :”Poi ho smesso, perché ormai mi chiamavano soltanto a risolvere le imprese disperate, squadre che stavano retrocedendo, “tanto se si va giù la colpa è di Burgnich”, si diceva”. Oggi Vive in Toscana da quando seguì la donna della sua vita, la signora Rosalba, sua moglie da quarantasette anni, e qui abita ancora con lei, che gli ha dato tre figli, Simonetta, Patrizia e Gualtiero, ed è anche nonno. Gli altri suoi figli sono i tantissimi giocatori che ha allenato da quando smise di giocare, nella seconda metà degli Anni Settanta, fino a qualche lustro fa, ma sono figli spesso ingrati come solo i figli sanno talvolta essere, anche se lui non lo dice, oggi lo chiamano ancora in pochi per un saluto e un consiglio, e tra questi c’è Roberto Mancini.
Da www.wikisport.eu, l’enciclopedia mondiale dello sport di Daniele Masala