Sir John Young “Jackie” Stewart (Milton, 11 giugno 1939) è un ex pilota automobilistico britannico, tre volte campione del mondo di Formula 1. Dopo la morte di John Surtees, avvenuta il 10 marzo 2017, è diventato il più anziano pilota di Formula 1 iridato ancora in vita.
Il papà di Jackie Stewart corre da amatore in moto, il fratello aspira al successo in macchina correndo anche con l’Ecurie Ecosse, il campionato del mondo F1 1953 ed altre corse automobilistiche, rimanendo però vittima di un incidente a Le Mans nel ’53. Sono loro due che gli trasmettono la passione per le corse, anche se all’inizio è più forte il richiamo delle gare di tiro con la Nazionale. A 13 anni vinse una gara di tiro al piattello e in seguito divenne un membro pluripremiato della squadra di tiro scozzese. Vinse il campionato britannico, scozzese e gallese di skeet e il campionato europeo Coppa delle Nazioni. Gareggiò anche per un posto nella squadra britannica di Tiro a volo per gareggiare alle Olimpiadi del 1960 che però fu assegnato ad un altro. Il suo coinvolgimento nel mondo dei motori si limitò per il momento al contatto con le attività di famiglia per cui lavorava in qualità di apprendista meccanico. L’avviamento al mondo delle corse fu naturale conseguenza di questo lavoro. Stewart comunque sembrava destinato a diventare parte del mondo delle corse automobilistiche sin da bambino: suo padre possedeva un concessionario della Austin prima e della Jaguar poi. Quando si sposta sui circuiti parte con l’Ecurie Ecosse, poi firma con Ken Tyrrell che lo porta in Formula 3 nel 1964. Quell’anno è scintillante: all’esordio a Snetterton sul bagnato ha un vantaggio di 25 secondi dopo due giri, 45 al traguardo. Per quel risultato la Cooper gli offre la promozione in Formula 1, lui invece preferisce finire l’addestramento: domina quel campionato, manca la vittoria solo due volte.
Pilota preciso ed estremamente professionale, che non ha lasciato niente al caso: nel giro è conosciuto come “Mister 101%”. Getta le basi per il sindacato dei piloti, con convinzione sposa prima degli altri la causa della sicurezza in pista dopo l’incidente nel diluvio di Spa nel 1966. È lui che comincia a farsi scrivere il gruppo sanguigno sulla tuta. È lui anche il primo pilota che conquista lo status della celebrità. Cavaliere dell’impero britannico dal 2001.
Entra in Brm nel 1965 perché Tyrrell ancora non ha una squadra di punta e perché la Lotus, che pure lo corteggia, è costruita intorno a Clark. Vince quasi subito, all’ottava gara della carriera.
Nel 1968 si ricongiunge a Tyrrell che entra in Formula 1 per gestire la Matra. L’anno dopo il tempo è propizio: passa Rindt e Beltoise all’ultimo giro di Monza, piazza la sesta vittoria dell’anno e conquista il primo titolo.
Resta con Tyrrell che da cliente della March diventa costruttore. Si prende uno sganassone all’Osterreichring nel 1971 per il collasso del semiasse. È illeso, ma soprattutto è anche iridato, perché quattro giri prima s’è ritirato già Ickx. Deve saltare una corsa l’anno dopo per ulcera e così Fittipaldi gli prende il titolo. Lo riconquista nel 1973, da Monza ha la certezza matematica, ha già deciso il ritiro ma ancora non l’ha annunciato, nemmeno a sua moglie. Si ferma quando perde Cevert a Watkins Glen. Chiude senza il centesimo Gran Premio, ma con 27 successi: è il record assoluto che dura per 14 anni fino al 1987 e poi passa a Prost.
Alla fine degli anni Novanta fonda il suo team. Vince solo una gara, un pazzesco Gran Premio del Lussemburgo al Nurburgring nel 1999, l’anno in cui vende alla Ford che ci prova con la Jaguar.
In seguito divenne un consulente della Ford e uomo di rappresentanza di industrie di ogni tipo. Allo stesso tempo divenne un sostenitore di auto e circuiti più sicuri nella Formula Uno. Tra gli anni Settanta e Ottanta ha lavorato come commentatore per le televisioni americane e australiane. Nel 1997 Stewart ritornò in Formula 1 con la Stewart Grand Prix, come proprietario di scuderia in società con suo figlio, Paul, e la Ford. Il risultato migliore fu al Gran Premio di Monaco dello stesso anno dove Rubens Barrichello ottenne uno stupefacente secondo posto sotto la pioggia. L’affidabilità lasciava comunque molto a desiderare e molti risultati potenzialmente ottimi furono vanificati da rotture meccaniche come il secondo posto al Nurburgring.
Da Wikisport.eu, enciclopedia dello sport a cura di Daniele Masala, campione olimpionico e giornalista