Presentati a Roma i dati dell’Osservatorio permanente Eps: il movimento no profit  produce entrate per 97 mln di euro e li reinveste in attività sociali. Dopo la pandemia, uscite maggiori del 17% per superare la crisi

Roma, 6 dicembre 2022 – Più di 300mila eventi organizzati nel 2021, tra sportivi e culturali; più di 94mila associazioni e società sportive affiliate, 11.600 dirigenti di struttura, il 35% dei quali donna (il doppio rispetto allo sport di vertice). Il tutto per 97,5 milioni di euro di entrate nel 2021 e ben 7 milioni e 400mila praticanti. E una mission chiara: fare dello sport non solo la leva contro la sedentarietà, ma il volano per coesione, inclusione sociale, educazione, e sostenibilità. Tutto questo rappresentano oggi gli enti di promozione sportiva: realtà no profit che reimpiegano tutti i propri proventi nelle attività sociali e che restano tra le realtà più “piagate” dalla pandemia. A dirlo sono i dati raccolti dall’Osservatorio permanente dello sport di base – Eps, promosso dagli enti ACSI, AiCS, ASI, UISP, US Acli, con la collaborazione tecnica dell’istituto di ricerca Swg e della società di consulenza Kratesis, e finanziato da Sport e Salute. Obiettivo della ricerca: determinare in modo analitico il peso della Promozione Sportiva nell’ambito del contesto economico e sociale italiano. 

Ciò che ne emerge è un sistema al servizio del Paese, capace di camminare sulle proprie gambe, che riconosce e valorizza competenze e capacità femminili,  e che prova a riprendersi dopo la pandemia. E sono i dati a confermarlo. 

Dalla ricerca emerge chiaramente come gli Enti di promozione sportiva svolgano una fondamentale funzione sociale finalizzata alla crescita del benessere psico-fisico della popolazione italiana, con particolare riguardo alle componenti più fragili della comunità nazionale. Dimostrazione concreta di questo impegno sono i circa 300.000 eventi organizzati nel corso del 2021 tra sport (oltre 180.000) e sociale (quasi 120.000) su tutto il territorio nazionale. Un impegno quantomai indispensabile alla luce della quota di popolazione italiana ancora sedentaria (30%), con tutte le ricadute negative che questa comporta per i singoli in qualità della vita e per la collettività in termini di costi sanitari (2,3 miliardi di euro ogni anno). 

Gli Enti di promozione sportiva si distinguono all’interno del sistema sportivo dilettantistico italiano per la capacità di dare spazio alle competenze e alle capacità espresse dalle donne, che rappresentano ben il 35% della dirigenza del sistema. Quasi 2 volte di più di quanto fanno le Federazioni Sportive Nazionali e le Discipline sportive associate. In aggiunta, il lavoro femminile negli EPS è particolarmente stabilizzato in quanto riguarda il 59% dei contratti a tempo indeterminato stipulati, mentre il 41% degli stessi riguarda gli uomini.

La pandemia ha però colpito con violenza il sistema dello sport dilettantistico nazionale, causando contrazioni importanti su tutti i numeri, sia quelli delle società sportive affiliate agli EPS che quelli relativi ai tesserati. Questa “emorragia” di organizzazioni (-6% dal 2019) e di persone (-17%) si può facilmente ricondurre alle pesanti restrizioni che hanno colpito la pratica sportiva dilettantistica nel 2020 e nel 2021. Il sistema dello sport di base è stato penalizzato ben oltre le reali evidenze scientifiche della sua “pericolosità” nella diffusione del virus. La decisione di privilegiare lo sport agonistico a dispetto di quello di base ha avuto come solo effetto visibile un “travaso” di organizzazioni sportive dagli EPS alle federazioni sportive pari al 13%. 

Nonostante la crisi, gli Enti di promozione sportiva si confermano soggetti economici virtuosi che, in coerenza con la loro anima sociale e no-profit, destinano alla missione statutaria la totalità delle risorse economiche di cui dispongono. Questo atteggiamento virtuoso si rileva anche sul lato delle entrate, che per il 60% derivano da forme di autofinanziamento, prima tra tutte il tesseramento. Questo fa sì che l’intero sistema dipenda in misura minore dai contributi pubblici, che restano comunque essenziali per garantire l’accesso all’attività sportiva di base soprattutto alle fasce di popolazione più svantaggiate. Rispetto al 2020, si registrano maggiori spese per sostenere la ripresa post Covid, aumentate del 17% e pari a 98 milioni.

“La nostra missione è lo sport per tutti – commenta il presidente di AiCS Bruno Molea -. E non solo come diritto alla pratica sportiva e come lotta alla sedentarietà, ma come strumento per la trasformazione socio-culturale del Paese con impatti che puntino a coesione, inclusione, educazione, salute, cittadinanza, cultura e sostenibilità. La pandemia ha penalizzato il movimento: per la ripartenza serve far capire quanto vale lo sport di base e quanto vale il nostro ruolo di promozione dello sport per tutti. Serve quindi fare sistema, applicando gli standard qualitativi condivisi, rafforzando l’attività di lobbying di sistema a beneficio dello sport di base, rivitalizzando il ruolo del coordinamento degli enti, sfruttando appieno il ruolo catalizzatore di Sport e Salute. Ricerche come questa aiutano a pianificare le politiche di sport di base: l’auspicio è che non rimanga fine a se stessa ma che diventi patrimonio partecipato di tutti gli enti”.  

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