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Dopo la vicenda sollevata da Progetto Aurora, parla il presidente Molea, padre della norma del 2016: “Lo sport deve essere un diritto. Il governo difenda l’accesso allo sport per i minori stranieri”
Roma, 2 ottobre – “Lo sport deve essere un diritto, ora lo dice anche la Costituzione, e la legge sullo ius soli sportivo va verso quella direzione. Nessuno tenti di aggirarla e il Governo la difenda: è una legge di civiltà”. L’indomani del caso sollevato da Progetto Aurora, squadra di Reggio Emilia che si è ritirata dal campionato dilettanti per la richiesta di un certificato aggiuntivo rispetto a quanto la legge prevede, parla Bruno Molea, presidente dell’Associazione italiana cultura sport, nel 2016 deputato per la Lista Monti e primo firmatario della legge sullo Ius Soli sportivo che prevede per i minori stranieri residenti in Italia, almeno dal loro decimo anno d’età, di potersi tesserare nelle società sportive con le stesse procedure previste per i loro coetanei italiani.
“Ora, prima ancora dell’abrogazione, una legge si può osteggiare in mille modi diversi, tra cui quella di aumentarne la burocrazia e limitarne l’accesso, adducendo presunte maggiori tutele contro la tratta dei minori – commenta Molea -. La legge sullo ius soli sportivo, che voleva essere solo la prima tappa di un auspicato più lungo percorso di riconoscimento dei diritti dei minori, già prevede le corrette tutele contro ogni forma di sfruttamento. Tutto quanto aggiunto mi pare solo un modo per nascondere la volontà di osteggiarla: questo a totale svantaggio dei minori e del valore dello sport. Lo stesso governo che si è battuto, a ragione, sul riconoscimento del valore educativo e sociale dello sport, difenda ora i valori che hanno portato a quella legge, già rivista e aggiornata nel tempo, dando davvero gambe a quanto sancisce l’articolo 33 della Costituzione. La Figc infine ricordi bene che il calcio ha una responsabilità in più, perché resta lo sport tra i più visibili e amati dai giovanissimi: non si sprechi questa occasione”.
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