Fabio Aru nasce il 3 luglio 1990 a San Gavino Monreale, in Sardegna, e cresce a Villacidro, un paese incastonato tra le montagne del Medio Campidano. È proprio qui che inizia a forgiare il suo carattere e la sua resistenza: qualità che diventeranno il tratto distintivo del suo modo di correre. Fin da giovane si appassiona al ciclismo, spinto dalla passione per la fatica e per le salite, in un territorio che offre un terreno ideale per allenarsi tra natura, dislivelli e silenzio.
Dopo essersi distinto nelle categorie giovanili, Fabio approda al ciclismo dilettantistico di alto livello con il team Palazzago, una delle formazioni più prestigiose del panorama italiano Under 23. In questo periodo ottiene risultati importanti, tra cui la vittoria al Giro della Valle d’Aosta e al Toscana-Terra di Ciclismo, dimostrando grande solidità in salita e maturità tattica. Sono queste doti che lo portano a firmare nel 2012 il primo contratto da professionista con l’ambizioso team Astana.
Gli anni della consacrazione
Il suo debutto tra i professionisti è graduale ma in costante crescita. Nel 2013 arriva già una top ten al Giro d’Italia (7°), ma è nel 2014 che Aru esplode definitivamente: conquista la terza posizione finale al Giro, vince la tappa sull’arrivo leggendario di Montecampione e si impone come nuovo talento dello scalatore italiano.
Nel Giro d’Italia 2015 si migliora ancora: vince due tappe (una a Cervinia e una a Sestriere), si piazza secondo nella classifica generale dietro lo spagnolo Contador e conquista la maglia bianca di miglior giovane. Quell’anno raggiunge l’apice della carriera sportiva vincendo la Vuelta a España 2015, uno dei tre Grandi Giri, grazie a una condotta di gara intelligente e aggressiva, culminata con l’attacco decisivo nell’ultima tappa di montagna. Con questa vittoria, Aru entra di diritto nella storia del ciclismo italiano, diventando il sesto italiano a vincere la corsa spagnola.
Il tricolore e il Tour
Il 2017 è un altro anno memorabile. A fine giugno conquista il titolo di Campione Italiano su strada a Ivrea, battendo in volata Diego Ulissi e Rinaldo Nocentini. Pochi giorni dopo si presenta in grande forma al Tour de France, dove vince la tappa con arrivo a La Planche des Belles Filles e veste per alcune giornate la maglia gialla, simbolo del primato. Conclude la Grande Boucle al quinto posto assoluto, confermando di essere tra i corridori più completi del panorama mondiale.
La crisi e il declino
Dopo il picco del 2017, la carriera di Fabio Aru è segnata da una lunga fase di difficoltà. Il passaggio alla squadra UAE Team Emirates (2018–2020) non porta i risultati sperati. I problemi fisici si fanno sempre più presenti, in particolare una stenosi all’arteria iliaca che compromette la resa muscolare in gara. Nel 2019 si sottopone a un intervento chirurgico, e cerca con determinazione di tornare competitivo. Ma la condizione non è più quella dei tempi d’oro.
Nel 2021 firma con il team sudafricano Qhubeka NextHash, con il desiderio di ritrovare motivazioni e dare un nuovo senso alla sua carriera. Dopo una buona Vuelta a Burgos e un dignitoso ritorno alla Vuelta a España, decide di chiudere la sua carriera sportiva, annunciando il ritiro ufficiale il 5 settembre 2021, al termine dell’ultima tappa corsa in maglia nera, salutato dall’affetto dei tifosi.
Un’eredità forte e sincera
Fabio Aru ha rappresentato per quasi un decennio una delle speranze più luminose del ciclismo italiano. Uomo schietto, legato alla sua terra e ai suoi valori, ha saputo emozionare con attacchi generosi, vittorie combattute e una carriera costruita con fatica, passione e cuore. È uno dei pochi italiani ad aver vinto tappe e indossato le maglie di leader in tutti e tre i Grandi Giri: Giro, Tour e Vuelta. Un privilegio riservato a pochi nella storia di questo sport.
Il suo soprannome, Il Cavaliere dei Quattro Mori, richiama le sue origini sarde, che non ha mai rinnegato e che ha sempre portato con fierezza nel mondo. Dopo il ritiro, Aru si è dedicato alla famiglia, a progetti di divulgazione e a collaborazioni nel mondo del ciclismo, anche nel ciclocross, con l’intenzione di restituire qualcosa a uno sport che gli ha dato molto ma che gli ha chiesto ancora di più.
Da Wikisport.eu, enciclopedia mondiale dello sport a cura di Daniele Masala, giornalista e campione olimpico
Fonte foto: Wikipedia, Di Pedro Semitiel from Cehegín, España – la-vuelta-2018-puerto-lumbreras-34, CC BY 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=97771631
Fabio Aru nasce il 3 luglio 1990 a San Gavino Monreale, in Sardegna, e cresce a Villacidro, un paese incastonato tra le montagne del Medio Campidano. È proprio qui che inizia a forgiare il suo carattere e la sua resistenza: qualità che diventeranno il tratto distintivo del suo modo di correre. Fin da giovane si appassiona al ciclismo, spinto dalla passione per la fatica e per le salite, in un territorio che offre un terreno ideale per allenarsi tra natura, dislivelli e silenzio.
Dopo essersi distinto nelle categorie giovanili, Fabio approda al ciclismo dilettantistico di alto livello con il team Palazzago, una delle formazioni più prestigiose del panorama italiano Under 23. In questo periodo ottiene risultati importanti, tra cui la vittoria al Giro della Valle d’Aosta e al Toscana-Terra di Ciclismo, dimostrando grande solidità in salita e maturità tattica. Sono queste doti che lo portano a firmare nel 2012 il primo contratto da professionista con l’ambizioso team Astana.
Gli anni della consacrazione
Il suo debutto tra i professionisti è graduale ma in costante crescita. Nel 2013 arriva già una top ten al Giro d’Italia (7°), ma è nel 2014 che Aru esplode definitivamente: conquista la terza posizione finale al Giro, vince la tappa sull’arrivo leggendario di Montecampione e si impone come nuovo talento dello scalatore italiano.
Nel Giro d’Italia 2015 si migliora ancora: vince due tappe (una a Cervinia e una a Sestriere), si piazza secondo nella classifica generale dietro lo spagnolo Contador e conquista la maglia bianca di miglior giovane. Quell’anno raggiunge l’apice della carriera sportiva vincendo la Vuelta a España 2015, uno dei tre Grandi Giri, grazie a una condotta di gara intelligente e aggressiva, culminata con l’attacco decisivo nell’ultima tappa di montagna. Con questa vittoria, Aru entra di diritto nella storia del ciclismo italiano, diventando il sesto italiano a vincere la corsa spagnola.
Il tricolore e il Tour
Il 2017 è un altro anno memorabile. A fine giugno conquista il titolo di Campione Italiano su strada a Ivrea, battendo in volata Diego Ulissi e Rinaldo Nocentini. Pochi giorni dopo si presenta in grande forma al Tour de France, dove vince la tappa con arrivo a La Planche des Belles Filles e veste per alcune giornate la maglia gialla, simbolo del primato. Conclude la Grande Boucle al quinto posto assoluto, confermando di essere tra i corridori più completi del panorama mondiale.
La crisi e il declino
Dopo il picco del 2017, la carriera di Fabio Aru è segnata da una lunga fase di difficoltà. Il passaggio alla squadra UAE Team Emirates (2018–2020) non porta i risultati sperati. I problemi fisici si fanno sempre più presenti, in particolare una stenosi all’arteria iliaca che compromette la resa muscolare in gara. Nel 2019 si sottopone a un intervento chirurgico, e cerca con determinazione di tornare competitivo. Ma la condizione non è più quella dei tempi d’oro.
Nel 2021 firma con il team sudafricano Qhubeka NextHash, con il desiderio di ritrovare motivazioni e dare un nuovo senso alla sua carriera. Dopo una buona Vuelta a Burgos e un dignitoso ritorno alla Vuelta a España, decide di chiudere la sua carriera sportiva, annunciando il ritiro ufficiale il 5 settembre 2021, al termine dell’ultima tappa corsa in maglia nera, salutato dall’affetto dei tifosi.
Un’eredità forte e sincera
Fabio Aru ha rappresentato per quasi un decennio una delle speranze più luminose del ciclismo italiano. Uomo schietto, legato alla sua terra e ai suoi valori, ha saputo emozionare con attacchi generosi, vittorie combattute e una carriera costruita con fatica, passione e cuore. È uno dei pochi italiani ad aver vinto tappe e indossato le maglie di leader in tutti e tre i Grandi Giri: Giro, Tour e Vuelta. Un privilegio riservato a pochi nella storia di questo sport.
Il suo soprannome, Il Cavaliere dei Quattro Mori, richiama le sue origini sarde, che non ha mai rinnegato e che ha sempre portato con fierezza nel mondo. Dopo il ritiro, Aru si è dedicato alla famiglia, a progetti di divulgazione e a collaborazioni nel mondo del ciclismo, anche nel ciclocross, con l’intenzione di restituire qualcosa a uno sport che gli ha dato molto ma che gli ha chiesto ancora di più.
Da Wikisport.eu, enciclopedia mondiale dello sport a cura di Daniele Masala, giornalista e campione olimpico
Fonte foto: Wikipedia, Di Pedro Semitiel from Cehegín, España – la-vuelta-2018-puerto-lumbreras-34, CC BY 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=97771631